29 novembre 2012

Tempus fugit

Che buffo scoprire che la percezione dello scorrere del tempo è davvero relativa.

Prima, i giorni e le settimane scorrevano inarrestabili.
Era lunedì e in men che non si dica ecco il fine settimana. Mi ritrovavo catapultata al sabato chiedendomi perplessa "oh accidenti, è _già_ sabato??".
Pochi "istanti" mi rendevo conto che era nuovamente ora di girar pagina sul calendario. E percepivo questo frenetico correre delle ore e dei giorni con una punta di panico: "Piano piano, si sta andando troppo in fretta!! Frena un po' ché qui non si riesce a far tutto!"
Prima.

Adesso invece è molto diverso.
Vorrei aprire gli occhi la mattina e scoprire che sono trascorsi un paio di mesi, o anche tre, nell'arco di una notte. Guardo tutti i giorni il calendario e non vedo l'ora di girarla, 'sta pagina.
Ma quanto manca ancora?? Due giorni, ok. Due giorni e finalmente girerò la pagina. E poi ce ne sarà un'altra. E poi un'altra.
Ma il tempo adesso pare spaventosamente rallentato.
Lunedì, poi martedì, poi mercoledì, giovedì... accidenti, è _solo_ giovedì??!!
Lavoro, impegni, sport, uscite con gli amici riempiono le mie giornate. Però l'orologio sembra essere sempre troppo lento, le lancette avanzano al rallentatore, quasi a prendersi gioco di me.

Lo so, tra qualche mese mi guarderò indietro e scoprirò che finalmente questo tempo è passato, nonostante tutto.
Coraggio. Stringiamo i denti e andiamo avanti, a testa bassa (possibilmente senza guardare calendari e orologi).

22 novembre 2012

Guerra e Pace

"Quest'uomo estraneo è dunque ormai tutto per me - si domandò e istantaneamente rispose: - Sì, tutto: lui solo ora m'è più caro di tutto al mondo".
Lev Tolstoj, Guerra e Pace, Einaudi, 1990, pag. 558

18 novembre 2012

Pensiero felice 03/1000

Stare ore a parlare su skype con una persona speciale e non accorgersi dello scorrere tempo.

13 novembre 2012

I'm strong. I'm a fighter. I'm brave. I never give up. I don't cry (ok, I'm honest, I do. But only when no one can see me).
 
But sometimes I feel really tired and I would so much take rest finding someone stronger than me that could hold me tight in his arms.

07 novembre 2012

Pensiero felice 02/1000

Ricevere un'email tanto attesa.

03 novembre 2012

Falling slowly

Falling slowly di Glen Hansard

I don’t know you
But I want you
All the more for that
Words fall through me
And always fool me
And I can’t react
And games that never amount
To more than they’re meant
Will play themselves out

Take this sinking boat and point it home
We’ve still got time
Raise your hopeful voice you have a choice
You’ve made it now

Falling slowly, eyes that know me
And I can’t go back
Moods that take me and erase me
And I’m painted black
You have suffered enough
And warred with yourself
It’s time that you won

Take this sinking boat and point it home
We’ve still got time
Raise your hopeful voice you have a choice
You’ve made it now
Falling slowly sing your melody
I’ll sing along



Grazie a Virgi per avermi fatto scoprire questo cantautore! :)

16 ottobre 2012

Pane di segale per il WBD 2012

World Bread Day 2012 - 7th edition! Bake loaf of bread on October 16 and blog about it! Settima edizione del World Bread Day. Avevo già partecipato l'anno scorso e anche questa volta sono riuscita a ricordarmi in tempo di questa bella iniziativa. Oggi ci saranno decine e decine di persone in tutto il mondo che prepareranno un pane e posteranno la ricetta sui loro blog.

In realtà, qui il pane si fa ogni 7-10 giorni e non solo in occasioni come quella di oggi. Cottura in forno a legna e rigorosamente lievito naturale. Pellegrino, il mio lievito, continua a star benone e mi permette di ottenere sempre pani deliziosi. Da quando faccio il pane in casa, non ne sprechiamo neanche una briciola perché resta buono fino all'ultima fetta. Se proprio ci dimentichiamo di un fondo di pagnotta nel sacchetto del pane e diventa troppo secco, basta tagliarlo a pezzetti per avere dei deliziosi crostini da tuffare nella minestra.

Quest'anno per il WBD ho scelto di fare una pane con la farina di segale, un pane abbastanza scuro e molto aromatico. Le farine sono tutte del Mulino Marino di Cossano Belbo. La ricetta proviene dal libro "Il pane" di Bernd Armbrust, edito da Tecniche Nuove, ricetta da me leggermente modificata eliminando totalmente il lievito di birra.
PANE di SEGALE VELOCE
da: Bernd Armbrust, Il pane, 70 ricette classiche e innovative di pani fatti in casa, Tecniche Nuove, 2011
  • 50 g sciroppo di malto
  • 300 ml acqua
  • 350 g farina di segale bianca
  • 150 g farina di frumento di tipo 2
  • 15 g sale
  • 150 g pasta madre liquida
Stemperare il lievito e il malto nell'acqua tiepida. Poi aggiungere le farine, il sale e amalgamare bene il tutto. Lavorare la pasta per una decina di minuti. Coprire e lasciar lievitare per un paio d'ore. Fare una serie di pieghe e lasciar ancora un'ora almeno (dipende dalla temperatura ambientale). Quindi piegare ancora e formare una pagnotta rotonda. Spolverare con farina e fare dei tagli a piacere con un coltello ben affilato. Mettere la pagnotta sulla teglia, coprire e lasciar lievitare di nuovo un'oretta.

Preriscaldare il forno a 240°C con una teglia con un dito d'acqua, per creare vapore. Quando è il momento della cottura del pane, togliere l'acqua dal forno e infornare la pagnotta. Cuocere 10 minuti poi abbassare la temperatura del forno a 220°C e cuocere ancora per 35 minuti circa.
Pane di segale

Il pane si conserva buono per molti giorni, semplicemente chiuso in un sacchetto di cotone.

WBD 2011: Pane di semola di grano duro

10 settembre 2012

Bishorn (4153 m s.l.m.)

Il mio primo 4000! Ancora non ci credo. Però riguardo le foto scattate durante questa impresa, e mi tornano alla mente le emozioni provate e mi dico che sì, sono davvero riuscita -egregiamente- a scalare una vetta alta più di 4000 metri!
Ma andiamo con ordine. Questa è l'ultima uscita del corso di alpinismo organizzato dal CAI di Mondovì. Un corso molto interessante e vario, dove ho imparato a affrontare ambienti che fino a poco tempo fa mi erano preclusi. E in più ho conosciuto tanti nuovi amici, tutti come me "malati di alte quote". A conclusione di questo percorso, ci attende la gitona su ghiacciaio, alla conquista del Bishorn, Alpi Vallesi.
La partenza da Mondovì è fissata per le 4 del mattino di sabato. La prima tappa da raggiungere è Zinal, in Svizzera. Da lì si inizierà a camminare alle 11:05. La salita verso la cabane de Tracuit è molto lunga con 1600 metri di dislivello da superare. Ma la compagnia e il tempo splendido ci aiutano a mettere un passo dietro l'altro fino al rifugio, raggiunto dopo circa 6 ore di marcia (contando anche la sosta pranzo a metà strada).
La cabane si trova a 3270 m s.l.m., rifugio piccolo e relativamente accogliente. Molto affollato tanto che la cena viene servita in due turni: alle 18:30 e alle 19:15. A noi tocca aspettare il secondo turno e così intanto ci rilassiamo un po' godendoci il panorama mozzafiato tutt'attorno. Cime severe, ghiaccio, roccia. Ogni tanti si sente l'inquietante rumore del distacco di un seracco.
Intanto riesco anche a mandare un SMS a casa. Il segnale va e viene, ma mi permette comunque di inviare notizie sul mio buon stato di salute. Ah, questi babbi ansiosi!... :)
A tavola, ci verrà servito minestrone di verdura, curry di pollo con riso e dadolata di verdure, macedonia. Tutto cibo conservato in scatola, ma meglio che niente. Bisogna fare il pieno di energia per il giorno seguente e quando si ha fame è comunque tutto più buono.

Il mattino seguente la sveglia è fissata per le 4:20. Ci alziamo veloci per sistemare le ultime cose e consumare la colazione a base di té caldo, pane, burro e marmellata. Solo una tazza, niente piatto e niente tovaglioli (che mancavano anche per la cena, ma vabbé, ci si adatta). Fuori è ancora buio pesto e c'è una stellata spettacolare! L'inquinamento luminoso che abbiamo nelle nostre città ci fa perdere questa meraviglia del creato, mentre in alta montagna è ancora possibile godersi il cielo nero come pece punteggiato da milioni di stelline grandi e piccole. Ma non c'è tempo per stare in contemplazione. Ben coperti da giacca e berretto, pila frontale accesa, percorriamo i pochi metri che ci separano dall'inizio del ghiacciaio vero e proprio. Lì breve sosta per formare le cordate e allacciare i ramponi. E poi via, si parte. Mentre poco a poco il cielo inizia a schiarire.
La quota si fa sentire, procediamo lentamente, un passettino dopo l'altro. Sempre attenti a tenere la corda con la giusta tensione. Sguardo in basso per controllare dove si mettono i piedi. Ogni tanto micro-sosta per un sorso d'acqua (utilissima allo scopo la camel bag acquistata per l'occasione!) o un morso a una barretta. Il respiro è più accelerato, lieve tachicardia, tutti segnali che ormai l'ossigeno scarseggia e il corpo cerca di compensare questa situazione. Però sto bene, il temuto "mal di montagna" questa volta l'ho schivato. Ogni metro di quota si conquista con fatica, fatica ripagata dal pensiero che è un metro in meno che ci divide dalla vetta. Cerco di non guardare troppo spesso l'altimetro al polso. Ma quando finalmente lo vedo segnare "4000" l'emozione è forte e mi dà l'ultima carica per affrontare con nuove energie i 150 metri finali. L'ultimissimo tratto lo facciamo senza zaino, lasciato in un pianoro proprio sotto il cornicione della vetta. Ed eccoci: sulla vetta del Bishorn! E di nuovo la magia: la felicità dell'essere arrivati in cima, fa sparire all'istante tutta la fatica precedente. Foto di rito a testimoniare l'impresa e poi foto a 360° sul panorama che ci circonda.


Foto di gruppo sulla vetta

Dopo pochi minuti, iniziamo la lunga discesa. Ripercorriamo il ghiacciaio sulla stessa traccia di salita, non conviene aprire nuove vie: il rischio di finire in un crepaccio è alto e basta guardarsi intorno per averne la conferma. Dal rifugio a Zinal sono gli stessi interminabili 1600 metri di dislivello percorsi il giorno precedente. Discesa infinita e massacrante. Mi ha stancato di più questa, dell'impresa sul ghiacciaio della mattina.

28 agosto 2012

Pensiero felice 01/1000

Fare il bagno nell'acqua fredda e cristallina di un torrente di montagna, saltare da un sasso all'altro a piedi nudi, prendere il sole (estremamente gradito dalla pelle bruciante per l'acqua fredda), catturare (e liberare subito dopo) i girini nelle anse con l'acqua più calma.
A fare il bagno nel torrente 
E pensare a tutti quelli che macinano km e km di autostrada, magari in coda, per andarsi ad ammassare al mare, quando il paradiso è a pochi minuti di strada da casa. :)

1000 Pensieri felici

Vagando per la blogosfera, sono capitata su questo blog carinissimo. Sfogliando le varie pagine, ho letto della sfida "1000 pensieri felici", cioé trovare mille motivi o piccole cose per cui valga la pena essere felici.

Capitava giusto a fagiolo perché proprio il giorno prima mi ero ritrovata a riflettere su una citazione dal libro "Old Yeller" di Fred Gipson (libro poi portato sul grande schermo con il classicone Disney "Zanna Gialla", "Old Yeller" appunto):
“What I mean is, things like that happen. They may seem might cruel and unfair, but that's how life is a part of the time. But that isn't the only way life is. A part of the time, it's mighty good. And a man can't afford to waste all the good part, worrying about the bad parts. That makes it all bad.” 
E' assolutamente vero e bisognerebbe tenerlo sempre a mente. Anche perché sono convinta che felicità attira altra felicità, in un circolo virtuoso senza fine. Quindi raccolgo volentieri questa sfida dei 1000 pensieri felici! :)

13 agosto 2012

I "Ringo" fatti in casa


Onnipresenti alle uscite del corso di alpinismo del CAI, i Ringo di Andrea. Spariscono in un attimo, il tubo passa di mano in mano e i golosi biscotti con la crema finiscono in fauci affamate da ore di cammino, arrampicate su rocce e falesie, nodi da fare e disfare, sferzati dal vento e dal sole bruciante delle alte quote. La montagna mette fame, fa bruciare calorie e ci si può concedere qualche golosità. Ogni volta Andrea li spaccia come fatti da lui. Il gioco continua con noi che facciamo finta di credergli.

Intanto un tarlo inizia a girarmi per la testa. "Ringo fatti in casa"? Perché no? Scommetto che ce la posso fare! Uguali, anzi: migliori degli originali industriali!

Avevo già addocchiato la ricetta di Luvi, il suo blog è una fonte di ricette sempre ottime e ben spiegate. Merita una visita e vi consiglio di salvare il link tra i "preferiti".

La ricetta è una modifica di quella dei biscottini di 4 tipi, già provata più volte. In questo caso l'impasto viene diviso solo in due parti, e a una metà si aggiunge il cacao. Ho steso la pasta, dopo una sosta in frigo di un paio d'ore, a 3 mm. Intanto ho fatto la crema con burro e zucchero a velo vanigliato (doppia dose rispetto a quella indicata da Luvi). Ho ottenuto 62 biscotti bianchi e 68 al cioccolato.

A sentire i commenti di famiglia e amici sono riuscita nel mio intento: super-deliziosi! E molto meglio dell'originale industriale (sorry Pavesi).

La prossima volta, che sarà molto presto mi sa, voglio provare a stendere la pasta un filo più spessa e usare un tagliabiscotti più piccolo. Invece la quantità di farcitura, inferiore a quella dei Ringo di Luvi [confrontare le foto], mi sembra ideale per rendere il biscotto goloso ma non stucchevole, almeno per i miei gusti.
RINGO fatti in casa
Ingredienti(per circa 140 biscotti)
  • 600 g farina 0 bio Mulino Marino
  • 150 g fecola di patate
  • 225 g zucchero a velo vanigliato
  • 450 g burro
  • semi di 1 bacca di vaniglia
  • 1 albume
  • un pizzico di sale
  • 45 g cacao amaro
Crema al burro per la farcitura (per ottenere 20-30 biscotti)
  • 120 g zucchero semolato vanigliato
  • 80 g burro
Con l'aiuto del Kenwood ho impastato burro e zucchero a velo, ho aggiunto i semi della bacca di vaniglia, poi un po' per volta la farina e la fecola e un pizzico di sale. Per ultimo ho aggiunto l'albume. Ho ottenuto 1,450 gr di impasto, l'ho diviso a metà e aggiunto 45 g di cacao amaro a una delle due parti.Ho messo a riposare in frigorifero avvolto in pellicola per almeno un'ora.Ho ammorbidito il burro con lo zucchero a velo fino ad ottenere una crema morbida, spalmabile.Ho steso l'impasto dei biscotti a uno spessore di 3 mm e tagliato con un tagliabiscotti tondo. Ho disposto i biscotti su teglie foderate di cartaforno e cotto a forno ventilato a 170°C per 10 minuti circa. Appena sfornati li ho disposti su una griglia a raffreddare. Ho preso ciascun biscotto al cioccolato e ho spalmato, aiutandomi con una piccola spatola di plastica, un po' di crema al burro: ho abbinato un biscotto chiaro facendo una leggera pressione.Li ho poi messi in frigorifero in modo da indurire la crema.
Qui trovate la ricetta originale di Luvi.

02 maggio 2012

Chocolate Chip and Almond Biscotti


Primo maggio piovoso, freddo e umido. Quindi niente passeggiate in campagna, niente giro in bici e niente corsa. Tra l'altro sono reduce da una brutta influenza con febbre e tosse e quindi non mi pareva il caso di sfidare gli elementi col serio rischio di una ricaduta. Quindi che si fa? Ovvio: si riempie la biscottiera per la colazione!

Ultimamente sono in fase "ricette-sane-senza-grassi-o-zuccheri raffinati", cucino moltissime verdure di stagione, cereali integrali, pane con lievito naturale. Però ogni tanto, in questo stile di vita sano e attento, qualche peccato di gola ci vuole. Senza esagerare, quindi niente cibo spazzatura, ma che sia un po' più goloso, ad esempio, di una fetta di pane integrale.

Ho allora ripreso in mano uno dei libri della mitica Maida Heatter e ho rifatto una ricetta già provata anni fa: i Chocolate Chip and Almond Biscotti. Una specie di cantuccino con meno mandorle e con tanto cioccolato. Semplicissimi da fare, doppia cottura: prima dei filoncini di impasto e poi delle fette. A differenza di altre ricette americane, in questi biscotti non c'è burro e neanche tanto zucchero. E' la quantità notevole di cioccolato (che sia buono, mi raccomando!) a renderli irresistibili.

CHOCOLATE CHIP and ALMOND BISCOTTI
da: Maida Heatter, Book of Great Chocolate Desserts, Andrews McMeel Publishing, LLC, Kansas City, 2006
  • 6 oz mandorle pelate (170 g)
  • 2 cups farina (250 g circa)
  • 1/2 cucchiaino lievito per dolci
  • 1/2 cucchiaino bicarbonato di sodio
  • un pizzico di sale
  • 1 cup meno 2 cucchiai di zucchero alla vaniglia (175 g circa)
  • 12 oz cioccolato fondente (340 g)
  • 2 uova
  • 2 cucchiai di whiskey o brandy
Per prima cosa tostare le mandorle a 175°C per 12-15 minuti, finché sono leggermente dorate. Poi metterle da parte a raffreddare e alzare il forno a 190°C. In una ciotola setacciare la farina con il lievito, il bicarbonato e il sale. Unire lo zucchero e mescolare. Prendere circa 1/2 cup di questa miscela e frullarla al mixer con 1/2 cup di mandorle e tritare finemente. Aggiungere la miscela frullata alla farina, insieme alle restanti mandorle intere e al cioccolato tagliato grossolanamente al coltello. A parte mescolare gli ingredienti umidi: le uova e il whiskey e unirli a quelli asciutti. Mescolare con un cucchiaio di legno finché sia tutto amalgamato (eventualmente aggiungere un cucchiaio o due di latte come ho fatto io). Dividere il composto in quattro parti uguali e con le mani bagnate formare 4 filoncini lunghi circa 22 cm. Infornare per 25 minuti. Una volta cotti, lasciarli raffreddare almeno 20 minuti prima di tagliarli. Intanto abbassare il forno a 135°C. Disporre le fette sulla teglia e mettere a asciugare nel forno per altri 25 minuti. Alla fine spegnere e lasciar raffreddare nel forno spento con lo sportello socchiuso.

18 marzo 2012

Marmellata di arance


Perché non approfittare delle belle e buone arance bio acquistate con il G.A.S. e cercare di conservare per i mesi futuri un po' del loro profumo e del loro sapore?

Per trovare la ricetta giusta, cosa c'è di meglio dei vecchi libri di Petronilla? E così, dopo una rapida ricerca negli indici, eccola: "Marmellata d'arance".

Poiché questa è la stagione delle buone arance, andate voi stesse in piazza e sceglietene 12 (o 6 se non volete troppo spendere) grosse e con la buccia pure molto grossa; e scegliete anche un limone da giardino, cioé uno di quelli che hanno grosse le dimensioni e la buccia.  
Appena a casa, lavate le arance; con una forchetta, punzecchiate, qua e là, la grossa buccia; mettetele in una pentola; copritele d'acqua fresca e lasciate la pentola scoperchiata e al fresco per 3 giornate, cambiando però ogni mattina ed ogni sera l'acqua che si farà, così sempre meno amara. Il quarto giorno pesate una pentola vuota (possibilmente di terracotta); scrivetene il peso ché, in cucina, non è mai da prudente cuoca, fidarsi della propria memoria. Una alla volta, e sopra un piatto per non perderne una sola goccia di sugo, tagliate poi le 12 (o le 6) arance; tagliatele prima a metà per il lungo, e poscia in tante fettine, quanto più vi sarà possibile tagliarle sottili; e tagliatele con la loro rispettiva buccia; toglietene tutti i semi; e versate, di mano in mano, nella pentola succo e fette. Ripesate la pentola; la differenza fra il nuovo e il peso scritto, vi darà così il peso esatto dei frutti affettati. 
Pesate, in una brocca, acqua rispondente alla metà del peso delle arance; versatela nella pentola; mettete questa a fuoco. Pesate anche lo zucchero rispondente al peso esatto delle arancie. [Qui ho fatto una modifica: ho messo solo il 70% del peso della frutta di zucchero]
Quando, da 10 minuti, bolliranno nella pentola arancie e acqua, aggiungete il (o il mezzo) limone che, durante l'attesa avrete, al pari delle arancia, finissimamente affettato. Dopo 10 minuti, aggiungente anche lo zucchero pesato; e rimestate con cucchiaio di legno e con una certa energia, fino a che l'acqua avrà ripreso il suo bollore in pieno (lo zucchero non si attaccherà, così, sul fondo della pentola). Lasciate poi bollire, ma lentamente; e tenendo la pentola solo a metà coperta con il suo coperchio; e bollire per... nientemeno che per circa 3 ore, fino a quando cioé, soffiando sopra una goccia di marmellata versata sopra ad un piatto, la vedrete scorrere assai lentamente. Togliete allora la pentola dal fuoco e lasciate intiepidire. Aggiungete 4 (o 2) bicchierini di rhum. Date un'ultima ed energica mescolata. Invasate; e... se ben sottili avrete tagliato i frutti, son certa che quando gusterete e farete gustare questa dolce-amaretta marmellata (ottima, per il caffé e latte sul pane imburrato, ed ottima anche a sostituire quella che si devono comperare per confezionare dolci e torte) - mi giungerà da voi un'altra preghiera: "Oh, Petronilla cara, dacci un altro dei tuoi suggerimenti, sì preziosi e saggi!" 
Da "Ricette di Petronilla", Edizioni Olivini, Milano, 1939

Come ho scritto tra parentesi, ho ridotto lo zucchero a 700 g per chilo di frutta. Ho anche omesso il rhum e, come faccio sempre, ho invasettato la marmellata bollente in vasi Bormioli con capsule nuove. Con 12 arance ho ottenuto 8 barattoli da 250 g e uno più piccolo da 150 g. Ne è rimasto qualche cucchiaio così abbiamo potuto assaggiarla. E' una marmellata deliziosa, profumata, dolce ma non troppo e per nulla amara. Il procedimento è lungo e la cottura pure, ma ne è valsa veramente la pena!

06 febbraio 2012

Fette biscottate con lievito madre

Si avvicina il primo compleanno di Pellegrino, il mio lievito naturale. In questi mesi grazie a lui ho sfornato kg e kg di ottimo pane e molti figli suoi sono finiti tra le mani di parenti e amiche, anche loro precipitate nel tunnel della panificazione casalinga.
Fare il pane in casa non è difficile come han cercato di farci credere. E fare il pane con lievito naturale richiede solo un minimo di esperienza e di organizzazione. Niente di impossibile e che non si possa superare con un pizzico di passione e volontà.
Il fine settimana ormai è tradizione a casa mia preparare il pane per la settimana. Sempre una ricetta diversa, prendendo ispirazione da i vari libri che ho sull'argomento "pane e lievito naturale". In biblioteca ho però anche -molti- altri libri sul pane, con ricette che prevedono l'utilizzo di lievito di birra. Era da tempo che volevo provare a metter mano a una di queste ricette per adattarla alla pasta madre, e vedere se alla fine riuscivo a ottenere un buon risultato.
Finalmente l'altro giorno ho sperimentato!

Ho scelto una ricetta del libro "Fare il pane" di Cathy Ytak. Un libro che ho usato moltissimo durante i miei primi passi in questo mondo del pane fatto in casa, ai tempi che usavo ancora esclusivamente il lievito di birra. Ricette valide e belle fotografie, uno dei miei libri preferiti. Ho deciso per un pan brioche con farina di castagne, con l'intento poi di biscottare le fette per la colazione. Calcolatrice alla mano mi son messa a misurare i vari ingredienti e la quantità di pasta madre da utilizzare. Queste le dosi finali:

BRIOCHE con FARINA di CASTAGNE e LIEVITO NATURALE

  • 80 ml latte
  • 1 cucchiaio di Rum
  • 1 cucchiaino di succo di limone
  • 2 tuorli
  • 285 g di farina di tipo 2 - Buratto del Mulino Marino
  • 25 g di farina di castagne
  • 80 g di lievito naturale in coltura liquida
  • 1 cucchiaino di sale
  • 60 g di burro
  • 40 g di zucchero vanigliato
  • 40 g di canditi
Ho messo tutto nella macchina del pane, prima gli ingredienti liquidi e il burro, poi gli ingredienti asciutti. Ho impostato il programma "solo impasto" e ho lasciato fare. Al termine del programma, ho fatto una prima serie di pieghe e lasciato riposare un'ora abbondante. Ho arrotolato l'impasto a formare un salsicciotto e l'ho messo in uno stampo da plum cake. L'ho lasciato tutta la notte in cucina e al mattino dopo l'ho cotto in forno caldo a 200° per una quarantina di minuti. Questa sera l'ho tagliato a fette e le ho fatte biscottare nel putagé per una decina di minuti. Il profumo è delizioso. L'impasto è cresciuto poco durante la lievitazione, temevo un flop. Invece in cottura è cresciuto bene ed ha sviluppato una fine alveolatura.

08 gennaio 2012

Cosa ho fatto l'ultimo giorno dell'anno?

Un bagno in mare! :D

Nel Mar Morto per l'esattezza.


8 giorni in Israele, un paese dove non ero ancora mai stata fino ad ora. Un viaggio bellissimo e piacevolissimo grazie soprattutto all'ottima compagnia (il sottogruppo "pecorelle smarrite" ;)). Un turbinio di colori, profumi, religioni, cibi particolari. Difficile riuscire a scrivere un resoconto dettagliato (quello c'è sul mio moleskine). Mi limito a riportare una serie di istantanee e emozioni.
L'attesa del volo diretto da Levaldigi. Il ritardo dell'aereo e il tempo che non passa. Poi finalmente tutti a bordo e si parte. Osservare dal finestrino l'Italia, dal Piemonte al Salento. La luna crescente in una posizione diversa da come la si vede da casa! L'arrivo a Nazareth in tarda serata, stanchi e affamati. Il cielo limpido e l'aria fresca. Più fresca di cosa mi aspettavo, ma si sta bene. Il giro per il suq con il gruppo subito battezzato "delle pecorelle smarrite". Il primo acquisto: due stampi di legno per fare i Ma'amoul. Trovare per caso El Babour, un negozio di spezie antichissimo e splendido. L'upupa bellissima ma che non riesco a fotografare, nella Valle del Giordano. L'hummus delizioso mangiato praticamente tutti i giorni. I rugelach della colazione in hotel. Il bagno nel Mar Morto. La doccia fredda di acqua dolce per togliersi il sale di dosso. Raccogliere cristalli di sale da portare a casa. La famiglia che la sera di shabbat festeggia secondo la loro tradizione. Spiegare ai compagni di viaggio con me a tavola che cos'è la sera di shabbat per gli ebrei. Rendermi conto di essere quasi più preparata su usi e costumi ebraici che su quelli cattolici [...]. Il gefilte fish! Gerusalemme. Splendida, indimenticabile. Città da mille volti diversi. La città vecchia. Labirintica. L'ultima sera dell'anno. Fino al Muro del pianto, a quell'ora senza turisti. Emozionante. Solenne. Il momento migliore di tutto il viaggio. Le foto purtroppo non rendono l'atmosfera di quel momento. Avvicinarmi al muro, ma per rispetto restare indietro, senza arrivare a toccarlo. Percepire lì, e solo lì in tutto il viaggio, un'atmosfera particolare, mistica. La Gerusalemme di oggi. Mamilla Mall. Moderna, pulita ordinata. Il mercato di Mahane Yehuda. Un tripudio di colori, di frutta, dolci. Meritava davvero visitarlo (come scritto sulla mia lonely planet). Yad Vashem. Non ci sono parole. Solo un groppo in gola e lacrime che pungono gli occhi per uscire. L'ultimo giorno. La corsa con Daniela per riuscire a trovare una panetteria ebraica, nel poco tempo che ci resta prima di partire. Il grande pane di segale nello zaino, da portare a casa. I controlli di sicurezza a Tel Aviv, prima del check in, distesi e cordiali. Di nuovo sull'aereo, verso casa.


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